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MEMORIAL SHOZO SHIMAMOTO / Avere un'idea per capello 

DECENNALE 2013 - 2023

A cura di Sandro Bongiani e Ruggero Maggi

 

Presentazione di Sandro Bongiani

 “Inside and outside the body / dentro e fuori il corpo”

 

L’artista giapponese, considerato il "kamikaze del colore” intende l’arte come azione forte, sentimento  prepotente capace di travolgere e triturare qualsiasi precaria certezza. Le bottiglie di colore che lancia direttamente sulle tele servono a liberare i suoi tormenti, le sue paure. La sua pittura, se così vogliamo chiamarla, nasce dal gesto dell’artista che agisce a contatto con il pubblico, per definirsi e condensarsi in opera. Nei suoi interventi non è importante l’atto finale che porta alla realizzazione dell'oggetto, ma l’azione diretta, il suo svolgersi nel momento stesso che si fa colore. Ciò che conta è riuscire a materializzare l’energia  e di colpo svelarla come in un precario battito d’ali.  Per questo, Shozo Shimamoto si affida alla performance come pratica necessaria a liberare le energie accumulate dentro di sé nel momento stesso dell’accadimento e dell’azione. A volte,  l’opera viene creata anche all’aperto, a contatto con gli eventi atmosferici; il vento, la pioggia, la neve  fanno parte dell’azione dell’artista con un contributo del tutto casuale nella definizione finale dell’opera. 

Alla fine degli anni '50 vi è stato un momento casualmente convergente in cui artisti di diversa area geografica (America, Europa, Giappone) hanno indagato, quasi nello stesso momento, in una identica direzione  approdando ognuno a modo proprio, a risultati del tutto differenti ma condivisibili. Arte concepita come flusso diarroico di energie primarie che si materializzavano  in un succedersi continuo emulando i momenti della vita. Flusso del tutto caotico in cui le arti vengono a contaminarsi e a definirsi in modo originale.  Per certi versi il suo modo di fare "pittura”, potrebbe essere paragonato all’Action Painting di  Jackson Pollock. In verità, le opere di  Shozo condividono i profondi pensieri della filosofia Zen, una concezione della vita del tutto diversa  da quella  personale  dell’artista americano. In Pollock vi è alla base una motivazione  prettamente esistenziale;  l’uso del dripping e del proprio corpo dentro la tela,  seppur gestuale, è  un atto ancora pittorico e prettamente privato. Per l’artista giapponese Shozo Shimamoto, invece, creare significa agire a contatto con il pubblico, avere un rapporto proficuo con gli altri, farsi evento, rivelazione.  

Per lui non è importante l’opera "definita e finita”, ma l’evento  provvisorio che si materializza in opera. L’arte, quindi,  non è pura descrizione delle cose, è intesa come  la materializzazione di una idea, di un pensiero fluttuante che lascia la mente per divenire gesto  di liberazione;  liberazione di pulsioni e di energie  spesso soffocate che prendono il volo e incontrollate  si disseminano sulla tela. Non a caso, in diverse opere create da Shimamoto,  i frammenti di oggetti vengono lasciati volutamente a sedimentare, assorbiti dal colore come parte  significante dell’opera, (vetri di bottiglia, lattine, sandali), oggetti sopravvissuti all’uragano e alla furia di questo autentico  Kamikaze della performance. Massimo Sgroi, lo definisce "l’artista contemporaneo che non rappresenta più colui che produce un’opera pittorica, ma ricopre il ruolo di mediatore tra la realizzazione di un’idea (la sua) e colui che la vive".  In questo senso, l’artista  si fa promotore di un "vissuto”, diventa il regista di un evento unico, altamente creativo e suggestivo. 

 

Il  Teatro dell’essenza

Per Shimamoto, azione, happening, performance, pittura, tutto diventa materia di uso per creare un’opera.  Per diversi decenni ha sottolineato l’uso   spericolato dei materiali  accentuando negli anni ‘60 il gesto e poi l’evento artistico sconfinando  spesso  nella spettacolarità e nel  happening. Con estrema libertà  Shimamoto  ha attraversato esperienze e ricerche diverse e apparentemente incompatibili tra loro; dalla pittura Informale ai buchi, dalla Mail Art alla Body Art, dall’installazione alla performance  fino all’uso della fotografia, del video e persino del film d’artista. Il critico del New York Times Roberta Smith lo ha definito come “uno degli sperimentatori più audaci e indipendenti della scena dell'arte del dopoguerra negli Anni Cinquanta”. Del resto, Gutai, corrente artistica giapponese fondata nel 1954 ad Osaka da Jiro Yoschihara e di cui Shimamoto è uno degli interpreti più importanti è una parola che in giapponese significa conflitto tra materia e spirito, e di fatto, Gutai ha prodotto una  evidente rottura con la tradizione e l'arte spirituale  giapponese introducendo  la materia nel rapporto con la vita in un momento storico  condizionato fortemente dai tragici eventi bellici  come quelli di Iroshima e Nagasaki.  Una spiritualità concretizzata nella materia. Il termine “Gutai”,  significa anche  “concreto”. Una decisa volontà di creare forme espressive nuove, diverse, libere da qualsiasi tipo di proposta consueta di tipo accademico, come il  disegno, la bella pittura  fatta con  il pennello. Insomma,  l’artista nipponico cambia il  concetto consueto di creazione artistica grazie alla ricerca e alla sperimentazione, anticipando esperienze importanti  come l’ Action Painting  e  il movimento Fluxus americano sorto  circa dieci anni dopo ad opera di George Maciunas.  Attraverso la dimensione sofferta e lacerata dei tempi, attraverso la forte frattura con la tradizione,  l'arte intesa come la mediazione della mente  cerca di mettere in mostra le qualità intime, la  libertà e l’energia insostanziale della materia. Tutto ciò che era  prima tradizione ora è materia sciolta e fluida che inizia a  rivivere. Per cui, il rapporto fra artista e materia appare invertito: sono gli artisti a porsi al servizio dell’opera, anziché dominarla con la propria  arroganza e prepotente  sensibilità poetica.

Shozo Shimamoto  alcuni anni prima del 1950 aveva già realizzato una serie di opere aprendo uno squarcio  concreto sulla superficie della pittura. Anche queste opere, sono nate come  risultato di un`azione casuale.  In quel periodo, per risparmiare sui materiali, Shimamoto usava come base carta di giornali incollati, tuttavia,  un giorno per sbaglio fini`  per fare un buco su una superficie   di carta fragile. D`istinto Shimamoto  si accorse che si trattava comunque di un`espressione. E` interessante sottolineare come circa nello stesso periodo in Italia, Fontana tentava di aprire dei fori sulla tela e successivamente  i  tagli, tuttavia,  bisogna notare come i primi buchi e tagli di Fontana risalgono al 1949, come sono testimoniate dai cataloghi e  dalle mostre  svolte, mentre Shimamoto di certo ha iniziato a fare i primi buchi nel 1946, praticamente tre anni prima di Fontana. Inoltre,  occorre aggiungere che i Maestri Gutai dal 1949 erano  in Europa già molto conosciuti con le loro opere, invitati dallo scrittore e artista francese  Henri  Michaux.  Solo nel 1994, durante la mostra "l'Arte giapponese dopo il 1945: il Grido Contro il Cielo" tenutasi  al Museo Guggenheim in New York, il curatore Alexandra Monroe scopre che i "Buchi" di Shimamoto sono antecedenti ai buchi di Fontana (sulla polemica Shimamoto-Fontana cfr. il sito della Tate Gallery). 

Nel 1955 durante la “Prima  Esposizione d'arte moderna all'aperto, Shimamoto espone una lamiera frammentata da piccoli buchi dipinta da un lato di bianco e dall' altro di blu.  Sempre nel 1955  Shimamoto partecipa alla “Prima mostra Gutai” all'Ohara Kaikan di Tokyo: per l’occasione presenta l’opera “Prego, camminate qui sopra” realizzata con una serie di assi di legno montate su un sistema di molle che rendono il percorso del visitatore precario e instabile alterando la sua reale stabilità. Di questa opera, negli anni novanta l’artista realizzerà diverse ricostruzioni.  Nel 1956  con "Cannon Work" testimonia la origini delle sue azioni di pittura all'interno della poetica Gutai: vengono sparati da un cannone, appositamente costruito dall'artista, i colori  che si depositano casualmente  sulla tela in  modo casuale e provvisorio. Nel 1957 Shimamoto firma ufficialmente il Manifesto “per una messa al bando del pennello”. L'aspetto più evidente  della concretezza del movimento Gutai e in particolare di Shimamoto  è sicuramente  l'azione,  intesa come dinamismo della creazione che diventa, appunto, evento e rivelazione. Non poteva essere altrimenti.  Nel 1957 il gruppo Gutai ideò il "Gutai Stage Exhibition": per la prima volta nella storia fu utilizzato un palcoscenico come spazio artistico nel quale Shimamoto metteva assieme lo sparo dei colori con un  particolare sottofondo  sonoro.  Nel 1958 durante la seconda esibizione “Arte Gutai sulla scena” alla Asahi Kaikan proietta contemporaneamente sullo stesso schermo due diverse pellicole realizzate da lui stesso.
Così dichiara in una sua testimonianza: “Per questo evento decisi di fare qualcosa chiamato ‘Il Film mai visto al mondo’ ”. Su una pellicola usata di 35 mm, cedutagli da un suo ex alunno, e poi lavata nell’aceto, disegna punti e linee.

 Confessa: “L'arte come  gesto artistico, consiste  nello stupire lo spettatore”, e aggiunge, “Al presente io mi faccio fare dei disegni sulla testa rasata oppure mi faccio proiettare dei film, ma non allo scopo di fare cose strane. L'opera d'arte è di per sé un'espressione libera, l'atto di dipingere è proporre un'espressione libera. Questo è il vero compito dell'artista." E poi, “nelle performance il corpo è impiegato come elemento di Natura, quindi in entrambi i casi credo di avvicinarmi al Taoismo col quale del resto è in linea tutta la mia formazione di pensiero”. Di certo, il rapporto con il pubblico rimane un aspetto essenziale  in tutta l’opera di Shozo Shimamoto con l’utilizzo della  performance intesa come azione dell'uomo nel tentativo di annullare qualsiasi distinzione tra l'arte e la vita.  E’ del  ’95 la realizzazione del  suo “funerale in vita” col rito Buddista mentre dodici monaci recitavano un sutra.  Tra il “mostrare e l’essere” Shimamoto sceglie “l’essere” e l’utilizzo del corpo che mettendosi in relazione crea il messaggio creativo.  Praticamente  un’arte  diretta, corporea e viva utilizzando  il corpo  come strumento relazionale, comunicativo e poetico in una zona marginale di confine tra  linguaggi diversi, in cui la pittura, l’evento  e il teatro convivono dando vita alla rappresentazione  dell’essenza e dell’energia concreta.       

 

Il progetto Shozo  Shimamoto:  avere un’idea per capello

Shozo Shimamoto, scrive: “Con la mia testa rasata, nel 1987 sono stato in America ed in Canada, e ho poi viaggiato nel 1990 in Europa da Londra fino a Leningrado. Nel 1993 sono andato in Italia ed in Finlandia. Durante le mie tappe sono stato accolto da molti artisti della mail art che hanno scritto i loro messaggi sulla mia testa, oppure vi hanno proiettato diapositive o anche film. Tutti infatti erano pronti ad aspettarmi con alcune idee in mente. Nel 1988 un mio studente mi portò una copia della rivista che aveva trovato nella tasca del sedile dell'aereo della JAL in un volo Tokyo-Parigi. Era una sorta di guida del Giappone dove si presentavano in lingua inglese le bellezze dei templi buddisti, le informazioni sui piatti tipici e quant'altro. Ma fra le altre cose, nella pagina che trattava di cinema, era anche riportata come curiosità la possibilità di vedere un film proiettato sulla mia testa, con tanto di illustrazione disegnata a mano. Senza saperlo, la mia testa rasata stava volando in giro per il mondo. Nel 1987 spedii agli artisti della mail art un foglio con stampata la silhouette della mia testa vista da dietro ed un messaggio in cui invitavo gli artisti a fare il loro intervento. Ricevetti circa 500 risposte. Il fatto che le risposte fossero così numerose è dovuto al sistema del network caratteristico dell'arte postale, in cui non è raro che degli artisti copino e reinterpretino il contenuto originale per poi stamparlo di nuovo inviandolo ad altri artisti e così via. [...]  Un giorno mi arrivò una mail art molto singolare. Proveniva dalla Francia e l'autore era Pascal Lenoir, anche se il foglio originale era partito dall'artista olandese Cor  Reyn che aveva a sua volta fotocopiato la mia testa e inserito il messaggio di invito a disegnarvi dentro qualcosa. Ebbene Lenoir dentro alla mia testa fotocopiò una decina di altre silhouette rimpicciolite della stessa , riproponendo l'invito a disegnarci dentro qualcosa, e la spedì anche a me. Vedendola, non riuscii a trattenermi dal ridere. Il pezzo di mail art che avevo spedito io si era moltiplicato, il numero delle teste era aumentato, e passando per diverse vie era ricapitato proprio a me con la scritta: Perché non partecipi anche tu? Nell'arte postale non ci sono i diritti d'autore, anzi, all'opposto lo spirito che la caratterizza è quello di invitare gli altri ad usare senza limiti i vari contenuti. Così è possibile che a mia insaputa un mio pezzo venga modificato, arricchito di nuove idee, e ritorni al mio indirizzo. L'americano Cracker Jack Kid addirittura spedisce dei modellini tridimensionali della mia testa” .

 

Raccordare la provvisorietà dell’idee in un sistema relazionale assai complesso che nasce soprattutto dalla collaborazione collettiva

A distanza di 10 anni dalla dipartita di Shozo Shimamoto (25 gennaio 2013), viene organizzata in Italia una mostra collettiva internazionale con la partecipazione  di 137 artisti internazionali per il primo decennale  della sua scomparsa. Una parte del lavoro svolto dall’artista giapponese risulta ancora poco noto al grande pubblico, e precisamente la ricerca svolta negli anni 80 e 90, con le sue particolari azioni e  le proiezioni di spezzoni di film sulla sua testa rasata utilizzata come spazio performativo e luogo per ospitare l’opera. Quasi una galleria del corpo e forse “la più piccola galleria al mondo attiva negli anni 80”. Per ricordarlo a dieci anni esatti dalla scomparsa abbiamo ritenuto utile inviare  per posta alcune  silhouette della testa vista da dietro di Shozo Shimamoto invitando gli artisti a fare il loro personale intervento, come aveva fatto anche lui  a partire dal 1987 invitando  gli artisti a  realizzare  il proprio personale intervento performativo chiedendo di  inserire ciò che ritenevano utile  per completare degnamente l’opera. In questo senso sono esemplari le operazioni  “Head”  realizzate da  Ray  Johnson, Ben Vautier, G. Achille Cavellini, Mayumi Handa, Allan Kaprow e da diversi altri protagonisti internazionali dell’arte che sono intervenuti nel tempo sulla testa dell’artista giapponese disegnando, incollando carte, adesivi, materiali diversi e persino proiettando frammenti di film percepiti come flusso immateriale perfettamente in linea con le idee  di ricerca portate avanti  dal grande artista giapponese pronto  a ricevere in se l’apporto comunicativo di altri autori.

Dopo la Pop Art, l’attivismo  del movimento Fluxus, e l’Arte Postale nata da una costola di Ray Johnson, ecco la proliferazione delle idee spedite per posta che nascono dalla  partecipazione e la condivisione degli artisti a livello planetario con  creativi e sperimentali interscambi di idee e di contributi originali. Un progetto quello dedicato a Shozo Shimamoto in cui  la collaborazione diventa il momento prioritario dell’agire  in cui le idee si raccordano e si definiscono in un insieme collettivo e  unitario. Ecco il modo come si può raccordare la provvisorietà dell’idee individuali per divenire  nella condivisione opera collettiva sotto il segno di una costruzione visiva rimodulata  in forma  circolare che nasce dalla collaborazione attiva dei diversi autori per poter concretamente costruire l'opera. Il risultato finale è la creazione di una sorta di  “grande opera collettiva” di creatività che il curatore S. Bongiani definisce "Swarm Art", in cui il comportamento collettivo interagisce  in modo collaborativo producendo risposte funzionali al sistema comunicativo.

Il progetto prende in considerazione lo studio dei sistemi auto-organizzati, nei quali un'azione complessa deriva da un fare collettivo, come accade in natura nel caso di colonie di insetti, stormi di uccelli, branchi di pesci oppure mandrie di mammiferi. Secondo Beni e Watt la “swarm intelligence” può essere definita come: “proprietà di un sistema in cui il comportamento collettivo interagisce  in modo collaborativo producendo risposte funzionali al sistema”, una risposta partecipativa in funzione di un concreto apporto. Di conseguenza, con la cooperazione e la sperimentazione si condividono  le idee in un incessante  “add and send by mail” collettivo per dare spazio alla creatività e alla ricerca. Tutto ciò avviene utilizzando l’invio postale, come avviene anche concretamente nel web utilizzando le migliaia di relazioni ramificate nel Network o come realmente succede nel  complesso intreccio di cellule relazionali attive  presenti nel sistema celebrale umano che si integrano tra loro aggregandosi per poi trasformarsi provvisoriamente in un insieme inaspettato e assai complesso capace di ridarci la dimensione vera della relazione collettiva”. Del resto, noi non siamo altro che piccole parti  di un unico sistema relazionale  che può  condividere l’isolamento  oppure, estendersi come essenza amplificata in una infinita  e assai complessa comunicazione di idee.     Sandro Bongiani

 

 

RUGERO MAGGI / Infinito Shozo

Shozo è senz'altro uno dei personaggi “infiniti” che hanno tracciato un segno potente nell'arte contemporanea ponendoci di fronte alla vita in un modo artistico “totale”.

Pierre Restany, un altro caro amico e anch'egli secondo me “infinito”, scrisse: “La vita è colpa dell'arte” e Shozo ha sicuramente messo in pratica questo aforisma. Ho avuto il piacere e la fortuna di essergli amico. Nei tre viaggi che Shozo fece in Italia tra la fine degli anni '70 e l'inizio degli '80, per altrettante mostre che curai dedicate a lui ed al suo gruppo di artisti giapponesi, ebbi modo di conoscerlo bene

Il desiderio di andare sempre, e sottolineo sempre, oltre gli schemi, a qualunque costo sul ciglio per guardare giù nel baratro che ci affascinava entrambi e solo all'ultimo, per un certo “istinto di conservazione”, ritrarci di un passo, solo di un passo, era l'aspetto che più mi piaceva in Shozo e fu proprio ciò a spingermi nel 1988 a chiedergli di organizzare insieme a me il Progetto Ombra a Hiroshima (ero stato da poco invitato da un'associazione giapponese ad organizzare un evento in ricordo dell'olocausto nucleare).

Entusiasta dell'idea aderì subito ed insieme ci attivammo per invitare artisti a partecipare all'azione inviando la propria silhouette su carta per poterla poi dipingere direttamente sul suolo nel Parco della Pace di Hiroshima il 6 agosto 1988, a 43 anni esatti dalla tragica data. Alcuni artisti, come John Held Jr., Gerard Barbot, Daniel Daligand, Ryosuke Cohen e Mayumi Handa vennero di persona e ci seguirono per circa un mese attraverso tutto il Giappone, ripetendo l'azione in molte altre metropoli giapponesi.

Fui ospite di Shozo a casa sua, una commistione di tradizione e di modernità, conobbi la sua deliziosa moglie ed il gigantesco figlio che mi ricordava certi lottatori di sumo, ma con un'innata e spiccata inclinazione a comunicare (soprattutto con me, che essendo italiano potevo comprenderlo) attraverso il canto di opere liriche italiane.

Fu un periodo fantastico, forse uno dei pochi nella mia vita che posso definire vissuto CARPE DIEM... giorno per giorno, senza sapere esattamente cosa ci fosse dietro l'angolo, guardando avanti in nome della continua sperimentazione, affamati d'arte e di vita... grazie Shozo!

Ruggero Maggi

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dal 14 ottobre al 17 ottobre 2016
JOSEPH   BEUYS

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WHAT WOULD YOU PUT IN THE HAT OF JOSEPH BEUY

dal 29 aprile al 27 agosto 2016
 BEN  VAUTIER

BEN VAUTIER

OTTANTA BEN VAUTIER
dal 21 dicembre al 27 marzo 2016

Retrospettiva / RYOSUKE  COHEN

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FRACTAL PORTRAIT PROJECT 2001 - 2015

dal 13 settembre al 28 novembre 2015
Shozo  Shimamoto 1928 - 2013

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Virtual Fluxus Two / Mostra Collettiva Internazionale

dal 16 luglio al 29 agosto 2015

Nessuna mostra in programma

Al momento non è presente nessuna mostra in programmazione.

Bongiani Arte Contemporanea

ROOM 1

Karl-Frieddrich  Hacker, Itzehoe – Germania, Andrea Bonanno, Sacile – Italia, Cesare  e Noah Serafino,  Spilimbergo – Italia, Janus, Berlino – Germania, Paolo Seghizzi, Vercelli – Italia, Paolo Gubinelli, Firenze – Italia, Irina Novikova, Bielorussia, Ever Arts, Noordgouwe – Olanda, Gianfranco Duro, Angri – Italia, Ruggero Maggi, Italia e Hans Braumuller, Germania, Ilia Tufano, Napoli – Italia, Guroga – Venezuela, Lancillotto Bellini, Verona – Italia, Henry Grahn Hermunen, - Svezia, Francesco Cornello, Bagnatica – Italia, Angela Caporaso, Caserta – Italia, Hilgart, Scott Depot – USA, Jaume Rocamora, Tortosa – Spagna, Antonio Amato, Caserta – Italia, Remy Penald, Limoges – Francia, Luigi Auriemma, Napoli – Italia, Elke Grundmann, Berlino – Germania, Claudio Gavina, Stradella – Italia.

ROOM 2

Anna Maria Matone,  Sanremo – Italia, Andrzej Dudek-Durer – Polonia, Alfonso Lentini, Belluno – Italia, Carl T. Chew,  Seattle – USA, Valdor, Terrassa – Spagna, Josè Vandenbroucke, Zwevegem – Belgio, Joson Rodges, Cobleskill -  USA, Mikel Untzilla, Legazpi – Spagna, Moreno Menarin, Vicenza – Italia, Roberto Formigoni, Brescia – Italia, Serse Luigetti, Perugia – Italia, Lucia Spagnuolo, Civitanova Marche – Italia, Toan  Vinh, Montreal – Canada, Franco Di Pede, Matera – Italia, Sigismund Urban, Berlino – Germania, Marina Salmaso – Danimarca, Marisa Pezzoli, Brescia – Italia, Coco Muchmore, Perry – USA, Renuka Kesaramadu – India, William Mellott, Tainan City – Taiwan. Mirta Caccaro, Dueville – Italia, Victoria Encinas, Pelagod de la Presa – Spagna, Finazzi Mimicha - Skinaz, Grumello Del Monte – Italia.

ROOM 3

Rolando Zucchini,  Foligno – Italia, Sjoerd Paridaen, Gent – Belgio, Anja Mattila - Tolvanen, Palkane – Finlandia, Reid Wood, Cleveland – Usa, Shmuel, Brattleboro – USA, Dino Aloi, Torino – Italia, Manuel Xio Blanco, Sabexeria – Spagna, Paola Toffolon, Vedelago – Italia, Dr Klaus Groh, Olderburg – Germania, Antonio Di Michele, Foggia – Italia, Ania Singh,  Krakow – Polonia, Jurgen O. Olbrich, Kassel – Germania, M. Josè Silva - Mizè, Oliveira de Azemeis – Portogallo, Felipe Lamadrid, Puerto Santamaria – Spagna, Mr Sjoerd Paridaen, Amandsberg, Belgio, Sugar Irmer,  Berlino – Germania, Silvia Venuti, Cadrezzate con Osmate – Italia, Luigina  Iacuzzi, Bertiolo – Italia, Laura Pintus, Sassari – Italia, Aristide3108, Sante Andrè Ies Vergers – Francia, Horst Tress, KoIn – Germania, Emily Joe,  Fagnano Olona – Italia, Ivo Galassi, Cologna – Italia.

 

Video:

Memorial Shozo Shimamoto, Avere un’idea per capello. 2013 - 2023

Taller POEX - Memorial Shozo Shimamoto, Tener una idea para un cabello. 2013 - 2023

Taller POEX (Poesía Experimental y Acciones Poéticas) Biblioteca Municipal "Miguel de Cervantes" de Berja, Almería, Espña. Dirección artística Francisco Escudero.

Video  durata 2:32   

Visit:   Memorial Shozo Shimamoto, 2013 - 2023 -Taller POEX, Biblioteca Municipal de Berja, Espña. - YouTube