Sala 27

PAOLO GRASSINO

Biografia

BIOGRAFIA di Paolo Grassino

Paolo Grassino, (Torino 1967) vive e lavora a Torino, con le sue opere propone una riflessione sulle derive della società attuale, sospesa sul crinale tra naturale e artificiale, tra precarietà e mutazione. Il suo lavoro è sopratutto una ricerca che recupera in pieno il senso della manualità: Lavorando con gomma sintetica, legno, polistirolo e cera ma anche con tecniche più avanzate quali fusioni in alluminio o calchi in cemento, porta le sue opere scultoree ad un alto grado di spettacolarità. Tra le esposizioni di maggior prestigio la recentissima mostra antologica al Castello di Rivalta (2010), la partecipazione alla mostra Essential Experience al museo RISO di Palermo, la mostra personale in Francia al Museo di Saint-Etienne nel 2008 e nello stesso anno l'invito alla XV Quadriennale d'Arte a Roma. Del 2005 è la grande installazione sulla facciata della Fondazione Palazzo Bricherasio a Torino, mentre nel 2000 la GAM di Torino gli dedica una mostra personale.


Paolo Grassino / Controllo del  corpo

Di  Sandro  Bongiani, pubblicato  su Exibart il lunedì 2 maggio 2011

Nell’attuale panorama dell’arte contemporanea, vi sono artisti difficilmente catalogabili. Uno di questi è certamente Paolo Grassino, giovane artista torinese, classe 1967, che per l’occasione a Salerno presenta  l’ultima produzione del suo lavoro, una serie interessante di opere create appositamente per lo spazio specifico di Verrengia. Artista libero,  poco interessato ai modi di fare precostituiti, si permette di attuare attraversamenti per certi versi "illogici”, come l’uso della scultura, del video e dell’installazione, a volte formulati in modo più figurativo e a volte decisamente più immateriale.  Nel suo intenso e inusuale percorso di ricerca, l’artista  ha saputo  trovare la  soluzione più idonea per un'indagine del tutto originale. Un interessante viaggio incentrato - come afferma  Alessandro Demma -  "sul significato dell’esistenza in cui ha sapientemente distillato la natura e l’artificio, la cultura letteraria e quella metropolitana, mettendo in scena una pièce che recita il dramma degli opposti: reale/immaginario, conscio/inconscio, luce/buio, rumore/silenzio, divenire /degenerazione,  organico/inorganico”. Da un po’ di tempo l’artista preferisce lavorare su una tesi contrapposta, che a prima vista può sembrare contraddittoria, creando una convivenza e  un  rapporto di dialogo tra  più soggetti apparentemente non praticabile. Lavori  che devono essere visti e intesi come un grande e unico lavoro fatto da più pensieri e riflessioni. In mostra alla Galleria di Paola Verrengia sono esposti un cervo in fusione di alluminio del 2010, alcune piccole sculture realizzate con un procedimento di  fusione a perdere del 2007, un arazzo realizzato in spugna sintetica del 2008, due opere grafiche di grande dimensione e un video del 2010. Inoltre, sono presenti due figure di grande dimensione  sempre in fusione in alluminio del 2011, realizzate appositamente per gli spazi della galleria.  Ombra, Dolo d’impulso, Controllo del corpo  sono alcuni titoli di opere  che evidenziano  la possibilità di  materializzare, almeno per un attimo, la leggerezza, il momento provvisorio, l’istante nel suo  temporaneo svolgersi." Controllo del corpo", per esempio,  è il  titolo di un lavoro video con nove artisti torinesi presenti su tre mini-monitor collocati a parete,  in cui trasforma questi esseri  in mute e inquiete  presenze.  In "Dolo d’impulso",  alcune sculture di piccola dimensione, invece,  le mani e piedi sono legati tra loro fino a crearne una  costrizione  che lascia un segno  evidente sulla pelle,  come marchio d’impossibilità a reagire, un impedimento all’azione,  una rinuncia all’impulso incontrollato. L’arte per Grassino nasce da uno stato di profonda insofferenza in cui il non detto prende il posto delle parole, che quasi sempre non vengono mai urlate  a bocca aperta  ma rimangono rapprese in gola, strozzate e raggelate dagli eventi contingenti. Quasi corde e legacci di castrazione che annichiliscono qualsiasi individuo. L’artista ci propone esseri insoliti che non hanno voglia di capire, che preferiscono l’anonimato e la non presa di coscienza. Visioni destabilizzanti di un ordine dato per normale e di fatto contraddetto. Le opere di questo artista hanno la capacità di mettere a nudo il nostro  consueto modo di pensare. Un universo apparentemente illogico,  con la presenza di esseri che hanno perso i contatti con la propria coscienza e che vivono ad un limite, al di fuori, in una condizione  provvisoria di non ritorno. Grassini sa che l’uomo di oggi si trova solo, tuttavia,  crede  ancora che  possa avere una possibilità di sopravvivenza, di salvezza,  per questo ci costringe a fare un salto oltre il consueto, al di là del mero visibile, invitandoci  alla trasgressione e a superare  le  consuete  certezze del  visibile. Non è, dunque, un’arte "disinteressata” ma una concezione stridente della vita,  che  inquieta i nostri pensieri e  ci lascia tremendamente  soli. Tutto il lavoro dell’artista torinese  è una costante riflessione sul concetto d’impedimento, di un limite, di  un qualcosa in cui non si riesce a sfuggire. In questo senso, l’arte  è intesa come gabbia, trappola,  barriera insormontabile che sta ad un confine tra un rappresentare "sostanziale e un pensare  per trame oscure,  tra sogno e perdita, tra desiderio e profonda  incertezza".  Ciò è verificabile osservando l’opera "Controllo del corpo”, video in cui nove artisti torinesi nati tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70,  legati tra loro  ad una macchina che li sorregge e li muove come  inutili burattini. Con questa opera l’artista rappresenta  il teatrale presentimento del senso della minaccia e della scomparsa, il profondo vuoto dell’uomo contemporaneo di oggi.  Nove personaggi umani, dicevo, ormai senza identità, si muovono con movimenti monotoni e ripetitivi uniformati all’impotenza del pensiero, facendo approssimate rotazioni del corpo, sostenuti per la testa da legami ombelicali costrittivi che di fatto coprono completamente il viso rendendoli  praticamente inutili (cechi, sordi e muti). Triste condizione e metafora dell’uomo contemporaneo che si crede libero e intanto subisce l’opprimente condizionamento somministrato dall’esterno  fino alla definitiva "sterilizzazione della coscienza” e  quindi, alla definitiva metastasi.  Siffatte proposte sono lavori, insoliti, scomodi, che creano solo fastidio; sono pugni nello stomaco per farci riflettere, per farci forse anche sperare. Nel teatro dell’assurdo e degli opposti  di questo interessante artista, le apparizioni vivono in uno stato d’incoscienza e di vertigine. Le cose non vengono mai date per certe, ma convivono in modo provvisorio,  in uno stato di oscuro e continuo presagio, nella dimensione più incerta, tra presenza e assenza, logica e invenzione,  coscienza e incoscienza. Tutto il suo lavoro nasce da questa esigenza primaria di definire  il cambiamento, l’alterità  della vita moderna, non prevedibile,  non scopertamente definibile che costringe  l’uomo  a  una profonda riflessione. Una continua mutazione, quindi, intesa come una struggente metafora da collocare in una dimensione decisamente inattuale; quella di una "viaggio” in cui coesistono nello stesso tempo realtà e immaginazione, vita reale e dimensione  fantastica. Una dimensione oscura e sofferta  che si materializza in insoliti scenari dove si concentrano e si scontrano entità opposte come  reale /virtuale, consueto/oscuro per definire  al meglio  ciò che ormai siamo diventati.  Sandro  Bongiani

 

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